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La Nostra Mission

Articolo 9 è un associazione culturale per la tutela del patrimonio artistico e storico, nata dall'idea di due professionisti del settore che hanno deciso di dedicare il loro tempo, le loro energie e tutta la loro passione ad un progetto di archiviazione e catalogazione di opere d’arte. L’associazione si occupa anche di assistenza e tutela per i collezionisti. Troppo spesso, infatti, la scarsa conoscenza e comprensione del valore storico e patrimoniale delle opere, ha determinato il depauperamento, la dispersione e la scomparsa di pezzi importanti della nostra Storia. Per questo motivo l'associazione Articolo 9 (come sancito dal medesimo articolo della costituzione) vuole tutelare il collezionista nel presente per arricchire l'arte e la storia del futuro.


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Il valore patrimoniale di un'opera da la certezza di custodia da parte degli eredi, al contrario la scarsa conoscenza del valore sia artistico, sia storico che patrimoniale porta alla dispersione da parte degli eredi di pezzi importanti della nostra storia.

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Firenze - Siena e gli Uffizi unite per promuovere l’arte e la musica, oltre che per lanciare iniziative culturali comuni, a cominciare dalla prossima mostra dedicata a Masaccio, nella Cripta del Duomo della città del Palio.Firenze - Siena e gli Uffizi unite per promuovere l’arte e la musica, oltre che per lanciare iniziative culturali comuni, a cominciare dalla prossima mostra dedicata a Masaccio, nella Cripta del Duomo della città del Palio.Ad annunciare il patto erano stati il direttore del complesso museale fiorentino, Eike Schmidt, e il sindaco senese Luigi De Mossi. La notizia era stata diffusa durante un appello dei 46 firmatari che richiedevano la cessione alla Pinacoteca di Siena di due opere di Daniele da Volterra - tra queste Madonna col Bambino, San Giovannino e Santa Barbara - recentemente acquistate dagli Uffizi e appartenute alla famiglia Pannocchieschi d’Elci di Siena.Riconoscendo i limiti normativi dell’operazione proposta dal comitato di intellettuali - ovvero l’impossibilità di procedere con la cessione delle due opere di Daniele da Volterra - Schmidt non ha escluso future mostre non solo a Volterra (come già prospettato al momento dell’acquisto), ma anche nella città del Palio, proprio per un artista così importante come Daniele Ricciarelli.
Per quanto riguarda invece l’accordo tra le due città toscane, il primo importante frutto sarà, a partire dal prossimo 14 maggio, la mostra Masaccio: Madonna del Solletico. Il Cardinal Antonio Casini, “l’altro papa”, che sarà allestita che fino al 31 ottobre nella cripta del Duomo di Siena, a realizzare un progetto dell’Opera Metropolitana in collaborazione con gli Uffizi.La Galleria delle Statue e delle Pitture rinuncerà temporaneamente a questo capolavoro del pittore di San Giovanni Valdarno, autentico gioiello della pittura del Rinascimento, per celebrare, a Siena, la figura del suo committente, il cardinale senese Antonio Casini.
In occasione della prossima mostra che vedrà protagonista anche l’affresco della Cappella di piazza del Campo, attualmente in restauro, Madonna con Bambino e santi, Gli Uffizi, invieranno a Siena alcune opere del Sodoma.A proposito invece dei due dipinti di Albrecht Altdorfer con Storie di San Floriano, dalla collezione Spannocchi di Siena, dal 1913 in deposito agli Uffizi e già dal 2018 esposti a Santa Maria della Scala, il direttore degli Uffizi Schmidt ha ribadito che le due opere, di proprietà della Provincia di Siena, ritorneranno a far parte della grande impresa di ricomposizione della storica collezione senese, su impulso del dottor Alessandro Bagnoli della Soprintendenza senese, e di concerto con il Soprintendente Andrea Muzzi e con il direttore del Polo Museale Toscano Stefano Casciu.Con questa restituzione gli Uffizi permetteranno alla collezione Spannocchi di tornare a rivivere nella città cui appartenne fin dal 1709.
“La possibilità di estendere la collaborazione con Siena - ha commentato Schmidt - ci onora e sancisce una pax intraregionale. Sono lieto di contribuire, con tutta l’energia e la partecipazione possibili, ai progetti e alla visione del sindaco De Mossi di rendere Siena ancora più rilevante nel panorama della cultura internazionale”.
Ma gli Uffizi e Siena saranno unite anche nel segno della musica, dal momento che il direttore degli Uffizi ha invitato l’Accademia Chigiana a suonare nella Sala Bianca di Palazzo Pitti, nell’ambito del cartellone di eventi accolti ogni anno nello spazio della reggia medicea.“Sono certo - ha ribadito il sindaco di Siena, De Mossi - che la collaborazione tra gli Uffizi, il Santa Maria della Scala, l’Accademia Chigiana e il complesso del Duomo di Siena, che è di competenza arcivescovile, produrrà grandi risultati in campo culturale superando i campanilismi e i particolarismi e concorrendo a costruire un circuito tra i più prestigiosi del mondo. L’operazione realizzata dagli Uffizi consente di trattenere nel patrimonio pubblico due opere che sarebbero state conosciute e godute soltanto da soggetti privati”.

fonte:arte.it

Mondo - Non solo uomini e donne dalle gambe lunghe e affusolate. C’è anche un Alberto Giacometti delle xilografie, delle acqueforti, delle incisioni a bulino, delle fotografie realizzate dall’amico Ernst Scheidegger che, dal 1943, ha documentato con immagini e filmati l’attività artistica e la vita privata dello scultore svizzero.Mondo - Non solo uomini e donne dalle gambe lunghe e affusolate. C’è anche un Alberto Giacometti delle xilografie, delle acqueforti, delle incisioni a bulino, delle fotografie realizzate dall’amico Ernst Scheidegger che, dal 1943, ha documentato con immagini e filmati l’attività artistica e la vita privata dello scultore svizzero.Espressione di una profonda ricerca, l'intero corpus grafico dell’artista sarà esposto, accanto a oltre quattrocento fogli e a numerosi libri d’artista provenienti dalle principali istituzioni internazionali e da importanti collezionisti privati, al m.a.x. museo di Chiasso dall’8 marzo al 13 settembre, nell'ambito della mostra "Alberto Giacometti. Grafica al confine tra arte e pensiero".
Tra le sale del museo svizzero - nato nel 2005 per divulgare la conoscenza della grafica, del design, della fotografia e della comunicazione visiva contemporanea - la rassegna documenterà la straordinaria padronanza delle molteplici tecniche grafiche, dalla xilografia all’acquaforte e alla puntasecca, da parte di uno scultore che vedeva nel disegno e nella sua trasposizione sulla matrice il fondamento estetico e concettuale su cui costruire le opere pittoriche e plastiche.
“Di qualsiasi cosa si tratti, di scultura o di pittura, è solo il disegno che conta” ebbe modo di affermare lo stesso Giacometti. Ognuna delle quattro sezioni in cui è suddiviso il percorso espositivo dedicato all’artista, prossimo e al tempo stesso autonomo rispetto a personaggi come Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Samuel Beckett, presenterà al pubblico anche un dipinto, un disegno o una scultura particolarmente significativa per comprendere il rapporto tra i diversi mezzi di espressione.

 

fonte:arte.it

Bergamo - Un ponte tra Venezia e Milano, tra la pittura sacra e quella profana. La figura di Simone Peterzano (1535-1599), protagonista della mostra che verrà ospitata all’Accademia Carrara di Bergamo dal 6 febbraio al 17 maggio 2020, racchiude molti punti di incontro e di confronto tra due centri nevralgici dell’Italia settentrionale nel XVI secolo ed esce in grande stile dal buio, relativo soprattutto al suo primo ma lungo periodo veneziano (durato fino al 1572, quando si è trasferito a Milano). Dal ritrovamento nel 1990 di Venere e cupido con due satiri, oggi custodita in Brera, e di Angelica e Medoro, si è infatti aperta una fase di riscoperta e riattribuzione che non solo ha restituito la giovinezza a questo autore, ma ne ha determinato l’elevata statura.Bergamo - Un ponte tra Venezia e Milano, tra la pittura sacra e quella profana. La figura di Simone Peterzano (1535-1599), protagonista della mostra che verrà ospitata all’Accademia Carrara di Bergamo dal 6 febbraio al 17 maggio 2020, racchiude molti punti di incontro e di confronto tra due centri nevralgici dell’Italia settentrionale nel XVI secolo ed esce in grande stile dal buio, relativo soprattutto al suo primo ma lungo periodo veneziano (durato fino al 1572, quando si è trasferito a Milano). Dal ritrovamento nel 1990 di Venere e cupido con due satiri, oggi custodita in Brera, e di Angelica e Medoro, si è infatti aperta una fase di riscoperta e riattribuzione che non solo ha restituito la giovinezza a questo autore, ma ne ha determinato l’elevata statura.

Simone Peterzano, Madonna col Bambino tra san Giovanni Battista e san Benedetto, 1560-1565 circa, Olio su tela, 127,1 x 170 cm, Collezione privata
L’esposizione Tiziano e Caravaggio in Peterzano, a cura di Simone Facchinetti, Francesco Frangi, Paolo Plebani e Maria Cristina Rodeschini,mette dunque in scena 64 opere, di cui 27 disegni. I dipinti del pittore nato a Venezia ma di origini bergamasche, fiero allievo di Tiziano e primo maestro di Caravaggio sono 18 e in gran parte mai esposti al grande pubblico. Essi dialogano incessantemente con gli artisti che Peterzano ha osservato e con cui ha avuto a che fare come Veronese, Tiziano, Tintoretto e Bernardino Licinio nel periodo veneziano, Antonio Campi, Giovan Ambrogio Figino e Caravaggio in quello milanese. «Abbiamo scelto di affrontare questo progetto perché negli ultimi cinque anni si è ricomposto un periodo di riferimento molto importante per il pittore, che si ricongiunge alla più nota attività milanese», spiega Maria Cristina Rodeschini, co-curatrice della mostra e direttore dell’Accademia Carrara, «questa esposizione mette un punto fermo alla ricerca su questa figura nevralgica».

Simone Peterzano, Cena in Emmaus, 1560-1565 circa, Olio su tela, 153 x 204 cm. Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti, inv. 88 Opere in prima visioneDi questa personalità in bilico tra due suggestioni figurative si è prima riconosciuta l’importanza come pittore sacro a Milano, ma l’immagine era parziale. «Abbiamo qui a che fare con la prima rassegna che illustra in modo sistematico la vicenda di questo artista», commenta il curatore Francesco Frangi. «Il pittore gioca un ruolo cruciale nell’Italia settentrionale del ’500, con modalità sorprendenti. Tra le opere mai esposte prima d’ora una Madonna col Bambino, san Giovannino, san Giuseppe e un angelo che presenta effetti atmosferici delicatissimi. Un’altra opera cardine della mostra, mai vista prima, è la Madonna col bambino tra san Giovanni Battista e san Benedetto che vede da un lato un influsso di Tintoretto e dall’altro i modelli di Paolo Veronese». Ma la grande riscoperta di questa stagione veneziana è passata attraverso l’osservazione di Peterzano come pittore profano. «Uno dei ritrovamenti di qualche anno fa in un museo tedesco, a Schwerin, è stato Concerto. Questa tela ha aperto il fronte anche su una produzione musicale del pittore».In mostra il lavoro è messo a confronto con quelli della Venezia del tempo. «Sempre a tema musicale un’opera completamente nuova per il pubblico è un’Allegoria della musica proveniente da una collezione privata. C’è, inoltre, una Venere con cupido e un satiro trovata a Copenhagen e recentemente riattribuita e una sezione intera dedicata al collezionista milanese Girolamo Legnani. È lui che l’ha probabilmente introdotto in città. Sempre Legnani aveva Angelica e Medoro e anche una bellissima Deposizione su ardesia», aggiunge Simone Facchinetti. Se si parla di opere in prima visione non si può non citare i due teleri di San Barnaba che tengono insieme Milano e Venezia. «Erano ormai quasi invisibili e sono stati restaurati per l’occasione. Uno è finito completamente, al secondo verranno dati gli ultimi ritocchi durante la mostra, davanti al pubblico», precisa Facchinetti. «Si tratta di capolavori recuperati che hanno svelato qualità altissime, colori squillanti e tonalità argentee paragonabili alla Venere di Brera, di cui sono esposti anche disegni preparatori».

Simone Peterzano, Concerto, 1555-1565 circa, Olio su tela, 120,5 x 101,5 cm, Schwerin, Staatliches Museum, inv. G. 717 (in deposito al Castello di Güstrow) Le sezioniLa mostra è articolata in nove le sezioni che spaziano dal periodo della formazione e della giovinezza all’ombra dell’amatissimo Tiziano per addentrarsi nell’iconografia della musica, nei soggetti erotici e poi ancora nell’indagine sull’ormai celebre Angelica e Medoro, nella sua attività di disegnatore tra il Veneto e la Lombardia, l’arrivo a Milano, i lavori alle pale per i Barnabiti, la città sotto Carlo Borromeo, la sua affermazione lombarda e, infine, il suo ruolo di primo maestro di Caravaggio.La mostra si chiude, infatti, con il Bacchino malato di Michelangelo Merisi messo a confronto con un disegno preparatorio del suo maestro. Un ponte con il futuro e con il nuovo secolo che stava per iniziare.

fonte:arte.it

Brescia - Un nuovo capitolo sta per aprirsi nella lunga storia della Vittoria Alata. Riemersa nel 1826 tra le rovine del Capitolium di Brescia, la statua fu subito circondata dall'aura del mito. Napoleone III volle ammirarla con i propri occhi, Giosué Carducci le dedicò un'ode, copie e calchi si moltiplicarono in pochi anni, richiestissimi in tutta Europa, mentre si facevano strada le prime ipotesi sulle sue origini. Che cosa aveva di speciale questo imponente bronzo di età ellenistica, ancora oggi unico in tutta l'Italia settentrionale? Lo scopriremo a Brescia nel corso del 2020, che vedrà la rinascita dell’ingente patrimonio archeologico cittadino. Al centro di un nutrito programma di iniziative, ci sarà proprio lei, la Vittoria, pronta a mostrarsi sul colle Cidneo dopo un complesso restauro presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze.Brescia - Un nuovo capitolo sta per aprirsi nella lunga storia della Vittoria Alata. Riemersa nel 1826 tra le rovine del Capitolium di Brescia, la statua fu subito circondata dall'aura del mito. Napoleone III volle ammirarla con i propri occhi, Giosué Carducci le dedicò un'ode, copie e calchi si moltiplicarono in pochi anni, richiestissimi in tutta Europa, mentre si facevano strada le prime ipotesi sulle sue origini. Che cosa aveva di speciale questo imponente bronzo di età ellenistica, ancora oggi unico in tutta l'Italia settentrionale? Lo scopriremo a Brescia nel corso del 2020, che vedrà la rinascita dell’ingente patrimonio archeologico cittadino. Al centro di un nutrito programma di iniziative, ci sarà proprio lei, la Vittoria, pronta a mostrarsi sul colle Cidneo dopo un complesso restauro presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze.Il ritorno della statua sarà l'occasione “per trasformare la percezione dell'area dell'antica Brixia, che copre sei ettari e si distribuisce tra il Museo di Santa Giulia e il Parco Archeologico Romano”, ha spiegato ad ARTE.it il direttore di Fondazione Brescia Musei Stefano Karadjov: “Un unico percorso di visita unirà i due siti, protagonisti di un anno e mezzo di eventi. In particolare la grande mostra in programma per il prossimo autunno sarà dedicata al lungo viaggio della Vittoria Alata: un mito presente per 2500 anni nell'iconografia mediterranea ed europea, che evidenzia la presenza qui a Brescia di un concentrato di grande arte e della civiltà”.
Portato alla luce da un gruppo di illuministi dell'Ateneo di Brescia alla vigilia del Risorgimento e divenuto presto il simbolo della città, in primavera il bronzo tornerà dopo quasi due secoli nel Capitolium in un nuovo scenografico allestimento ideato dall'architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg, noto per i progetti per la Biblioteca Hertziana di Roma, l'ampliamento del Museo Reina Sofia di Madrid, il Museo delle Grotte di Altamira. “L'allestimento evocherà lo spazio aperto in cui la statua era originariamente collocata”, continua Karadjov: “L'effetto monumentale, dovuto anche a un grande lavoro di illuminotecnica, restituirà alla Vittoria Alata il ruolo di icona della Brescia romana”.
Insieme alla sua ultima creazione nella cella orientale del Tempio Capitolino, in aprile conosceremo meglio Baldeweg in una mostra al Museo di Santa Giulia, tra i suggestivi ambienti del Coro delle Monache, della Basilica di San Salvatore e della Cripta. Un itinerario al confine tra le arti documenterà la sua creatività poliedrica attraverso opere di pittura, scultura e architettura. Scrigno di testimonianze che vanno dalla preistoria all'Ottocento, il Museo di Santa Giulia presenterà inoltre un allestimento inedito per la sezione romana, che grazie a reperti mai visti e installazioni di ultima concezione racconterà le indagini archeologiche più recenti condotte sul territorio.
La febbre dell'antico si prepara a contagiare anche il Brescia Photo Festival, che quest'anno ruoterà attorno al tema dei Patrimoni. Tra le esposizioni in programma a partire da maggio, spicca infatti Imperium Romanum, prima grande mostra italiana dedicata ad Alfred Seiland. Negli ultimi dieci anni il fotografo austriaco ha viaggiato dalla Siria alla Scozia per documentare l'interazione tra l'uomo contemporaneo e le rovine romane. Nella città orobica il progetto si presenta in versione rinnovata e ampliata grazie a una serie inedita sul patrimonio archeologico locale.
In estate, poi, la storia della Vittoria Alata si trasformerà in uno spettacolo teatrale all'aperto nel set del Capitolium e di Santa Giulia. “Con la regia di Fausto Cabra, Calma Musa Immortale sarà uno spettacolo multipalco alla Ronconi – ha spiegato Karadjov – con gli spettatori che si spostano nei diversi luoghi del sito per rivivere le emozioni di una grande scoperta. Il ritrovamento viene rimesso in scena tra le stesse rovine dove avvenne nel 1926, ma in chiave contemporanea e con un testo originale. Sperimenteremo le tensioni, le inquietudini, l'ebbrezza che colse i protagonisti di allora, tutti bresciani, che finanziarono con una sottoscrizione pubblica gli scavi archeologici dopo il rifiuto a portarlo avanti da parte del governo austriaco. Persone che 20 anni dopo furono artefici del Risorgimento a Brescia, la città medaglia d'oro che meritò il nome di Leonessa d'Italia”.
Il patrimonio della Brixia romana torna ancora più attuale grazie a due artisti, Francesco Vezzoli ed Emilio Isgrò, chiamati a dialogare con gli antichi tesori alla luce di una sensibilità contemporanea. Palcoscenici archeologici di Vezzoli traccerà un inedito itinerario tra la terrazza del Capitolium e la Chiesa di San Salvatore con una serie di interventi curatoriali (a partire dal prossimo luglio): “le sue sculture contemporanee contengono un’interpretazione anche un po’ iconoclasta dell’antico”, anticipa il direttore Karadjov, “e tuttavia testimoniano che l’archeologia non è un relitto, bensì costante produzione di senso, come solo un vero classico può essere. Lo stesso modello di conversazione archeologica lo porteremo avanti con Isgrò nel 2021, in una grande mostra diffusa che celebrerà il decennale dell’inclusione del sito bresciano nel Patrimonio dell’Umanità Unesco all’interno del sito seriale dei Longobardi in Italia”.
Ma l’evento più ghiotto dell’anno, come accennato all’inizio, è atteso per novembre 2020. A cura di Marcello Barbanera e Francesca Morandini, Vittoria. Il lungo viaggio di un mito racconterà al pubblico del Museo di Santa Giulia le novità emerse dagli studi condotti sulla statua durante il restauro, ripercorrerà l’evoluzione dell’originalissimo tema della Vittoria Alata nella cultura mediterranea ed europea, ne indagherà storia, significati e fortuna, dall’arrivo a Brescia alle immagini diffuse nel Rinascimento, quando il bronzo giaceva sotto la terra del Cidneo, fino agli scavi ottocenteschi e all’epoca contemporanea.

Il Museo Canova di Possagno guarda già al 2022 e agli Anniversari Canoviani che celebrano i 200 anni dalla morte dell’artista con una novità ai vertici e con la presentazione di una ricca agenda di appuntamenti dedicati al maestro del marmo e della grazia.Il Museo Canova di Possagno guarda già al 2022 e agli Anniversari Canoviani che celebrano i 200 anni dalla morte dell’artista con una novità ai vertici e con la presentazione di una ricca agenda di appuntamenti dedicati al maestro del marmo e della grazia.La nomina di Chiara Casarin, attualmente alla guida dei Musei Civici di Bassano del Grappa, a nuovo direttore artistico del Museo di Possagno, consentirà alle due istituzioni - accomunate dalla figura di Antonio Canova e da comuni vicende storiche - di guardare nella medesima direzione, pur mantenendo separata l’autonomia.Si avvera così il sogno di Giovanni Battista Sartori, fratello dell'artista, che auspicava una gestione condivisa del patrimonio canoviano di Bassano e Possagno, mai realizzata prima d’ora.Presieduto dal Presidente di Fondazione Canova Vittorio Sgarbi, coordinato da Chiara Casarin e Costituito da Elena Catra, Tommaso Ferruda, Peter Glidewell, Stefano Grandesso, Francesco Leone, Fabrizio Magani e dalla stessa Casarin, il nuovo Comitato di Studio avrà il compito di coordinare le iniziative canoviane per il triennio 2020-2021-2022 tra il Museo Civico di Bassano del Grappa e la Fondazione Canova.
Intanto ferve l'attesa per i numerosi i progetti espositivi che vedranno coinvolto il Museo di Possagno, come il prestito, nel 2021, di alcune terrecotte di Canova alla National Gallery di Washington, al Paul Getty di Los Angeles e all’Art Institute of Chicago. E se tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 il Mart di Rovereto accoglierà la Mostra “Canova e il contemporaneo" e “Canova e Mapplethorpe”, già quest’anno, nella Gipsoteca di Possagno il pubblico potrà ammirare l’esposizione “Antonio Canova e Arturo Martini, due classici”.
La Fondazione Canova ha chiuso in bellezza il 2019, anno che ha registrato molteplici traguardi accogliendo oltre 45mila visitatori, e registrando un incremento del 16% rispetto all’anno precedente. Un successo frutto dell'impegno di Mario Guderzo che, a dicembre 2019, ha terminato il suo incarico di direttore del Museo e che, nei suoi undici anni di mandato, ha saputo creare una squadra capace di valorizzare il patrimonio canoviano di Possagno instaurando collaborazioni con prestigiose istituzioni internazionali, dalla Frick Collection al Bode Museum. Un programma che ha trasformato il Museo - concepito come luogo vivo e aperto alle famiglie - nel punto di riferimento per lo studio e la ricerca sul grande maestro del neoclassicismo.

 

fonte:arte.it

Venezia - Artista di primo piano nel Rinascimento veneto, Vittore Carpaccio non era al centro di una mostra monografica dalla storica esposizione a Palazzo Ducale del 1963. In questi anni studi, scoperte, restauri e attribuzioni hanno gettato nuova luce sulla sua opera, che attualmente vive una stagione di grande interesse da parte dei ricercatori. Ce n’è abbastanza per un ritorno in grande stile, pronto a prendere forma in un importante progetto epositivo nato dalla collaborazione di Palazzo Ducale con la National Gallery di Washington.Venezia - Artista di primo piano nel Rinascimento veneto, Vittore Carpaccio non era al centro di una mostra monografica dalla storica esposizione a Palazzo Ducale del 1963. In questi anni studi, scoperte, restauri e attribuzioni hanno gettato nuova luce sulla sua opera, che attualmente vive una stagione di grande interesse da parte dei ricercatori. Ce n’è abbastanza per un ritorno in grande stile, pronto a prendere forma in un importante progetto epositivo nato dalla collaborazione di Palazzo Ducale con la National Gallery di Washington.
Con notevoli prestiti da musei europei e statunitensi, oltre che da prestigiose collezioni private, Vittore Carpaccio. Dipinti e disegni ricostruirà il cammino dell’artista dalla giovinezza alla maturità, ricomponendo cicli pittorici oggi dispersi. Un cospicuo nucleo di disegni metterà poi in evidenza la fervida immaginazione carpaccesca, l’interesse per la natura e per la prospettiva, il rigore della tecnica e l’uso della luce, mentre i dipinti religiosi e di genere sono pronti a raccontare la spiccata abilità narrativa del maestro, capace di rappresentare la grandezza e la vita della Serenissima trasportando le storie sacre nel quotidiano, in scenari ricchi di dettagli che fondono la scena urbana con il poetico e il fantastico.
A Palazzo Ducale dal 10 ottobre 2020 al 24 gennaio 2021, l’esposizione troverà una naturale appendice nei cicli decorativi carpacceschi presenti in città, da scoprire attraverso itinerari speciali. Nel marzo 2021, invece, Carpaccio debutterà nella sua prima mostra americana. Qui il valore aggiunto sarà rappresentato dalle opere commissionate all’artista dalle confraternite religiose lagunari, che lasceranno Venezia in via del tutto eccezionale: grazie ai recentissimi restauri, potranno svelare al pubblico statunitense i segreti nascosti per secoli sotto le pennellate.

 

fonte:arte.it

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