Roma - Luci puntate sul Foro Boario a partire dal 26 maggio, per la presentazione al pubblico del progetto di restauro dell’Arco di Giano, chiuso dal 1993.

L’intervento, già in corso d’opera, sarà portato a termine grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza Speciale di Roma e il World Monuments Found con American Express, in una formula collaudata da oltre 20 anni. Risalgono infatti rispettivamente al 1996 e al 2006 i lavori eseguiti nella stessa area sui templi di Ercole Olivario e di Portuno (quest’ultimo premiato con l’Italian Heritage Award), all’interno del programma World Monuments Watch, mentre è ancora in corso l’intervento sulle Uccelliere Farnese del Palatino.

Fino al 3 giugno, una settimana di aperture straordinarie permetterà ai visitatori di conoscere l’Arco di Giano e l’area archeologica del Foro Boario.
Visite guidate gratuite, passeggiate sui ponteggi, concerti, laboratori didattici e illuminazione artistica catalizzeranno l’attenzione su un sito strategico nella storia dell’Urbe antica, posto tra le pendici dei colli Campidoglio, Palatino e Aventino, non lontano dal Tevere e dal leggendario luogo di ritrovamento della cesta di Romolo e Remo.
Inizialmente legata al commercio di sale, bovini (di qui l’aggettivo “boario”), artigianato etrusco e magno greco, la zona divenne nei secoli sede privilegiata di funzioni legate al sacro, come testimoniano i templi di Portuno - il più antico luogo di culto repubblicano sopravvissuto nella sua interezza – e di Ercole, il più antico tempio di marmo della Città Eterna.

Non tutti sanno invece che la singolare struttura a pianta quadrata nota come Arco di Giano fu in realtà costruita dai figli dell’imperatore Costantino in onore dell’illustre genitore, come ha confermato agli archeologi un marchio scoperto durante la prima fase del restauro.
Interamente rivestito di marmo, il monumento è decorato da pilastri, archi e nicchie, un tempo popolate da ben 48 statue. Sulle quattro chiavi di volta sono ancora visibili le effigi divine di Giunone, Roma, Minerva e Cerere.

Dopo la caduta dell’Impero, come altri monumenti di Roma Antica, il memoriale dovette la propria sopravvivenza a una riconversione funzionale: nel Medioevo, infatti, fu trasformato dalla potente famiglia dei Frangipane in una fortificazione con tanto di torre, all’interno di un esteso sistema difensivo di cui faceva parte anche il Colosseo.
Parzialmente interrato nel corso dei secoli, tornò definitivamente alla luce nel 1827. Mentre è storia recente la sua chiusura nel 1993, dopo l’attentato mafioso alla prospiciente chiesa di San Giorgio al Velabro.

I 100 mila euro stanziati dalla Soprintendenza, cui si aggiungono i 215 mila dollari del World Monuments Found, consentiranno di portare a termine, insieme al restauro della facciata occidentale, una serie di importanti indagini conoscitive e rilievi tridimensionali a laser scanner, indispensabili per pianificare i futuri interventi. I dati raccolti saranno inoltre oggetto di studi archeologici volti a far luce sulla storia del monumento e dell’area circonstante, in vista della sua valorizzazione.
Tra i problemi da risolvere, le infiltrazioni di acque piovane sull’attico rivestito di sampietrini, l’azione degli agenti atmosferici, su cui si sta intervenendo con nuovi materiali biocompatibili, e la sottrazione, perpetrata nel corso dei secoli, dei collegamenti metallici tra i diversi blocchi della struttura.

L’auspicio del soprintendente Francesco Prosperetti è di restituire al più presto l’Arco ai cittadini, liberandolo dalle cancellate che lo circondano dall’attentato del ’93 e lo isolano dal contesto dell’area archeologica del Foro Boario, mentre si discute sul progetto di riqualificazione portato avanti da Fendi e dall’archistar Jean Nouvel per il palazzo di piazza del Velabro, che secondo i residenti rovinerebbe la prospettiva dell’antico monumento.

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